Leggiamo sul sito de "Il Giornale" da un articolo di Annamaria Bernardini De Pace dell'ennesima strage familiare nate dai conflitti. Purtroppo se ne parla solo a tragedia avvenuta soprattutto se la vittima è un bambino. (…) Negli ultimi venti anni, le relazioni tra uomini e donne sono profondamente cambiate. Cercate e vissute all’insegna della libertà individuale.(...)Si confondono le emozioni con i sentimenti e presto o ci si separa perché, qualche tempo dopo, non si riesce a sopportarsi o nascono dei conflitti insormontabili. I legami persistono con i dispetti, le vendette, gli inadempimenti, il conflitto giudiziario. I figli diventano corpi contundenti coi quali colpirsi reciprocamente a ogni incontro. I figli che diventano documenti umani della violenza che cresce dentro alla famiglia. Una famiglia che non sa più svolgere il suo compito. La maggior parte dei casi offre scenari apparentemente normali prima della tragedia. Tuttavia questi padri e madri autori del delitto più atroce, nel tempo, prima di essere chiamati figlicidi, potevano forse essere riconosciuti come litigiosi, anaffettivi, freddi, perfidi, spietati, insensibili. Tuttavia hanno trovato qualcuno che li ha “amati”, che si è fidato di generare un figlio con loro. Ma questo qualcuno si era mai interessato al racconto della loro vita? E la famiglia d’origine dell’omicida, nel non educare i figli alla relazione affettiva, nel non curarli se necessario, aveva mai pensato che - abiurando al proprio fondamentale ruolo - sarebbe stata complice dell’omicidio futuro di un nipotino? Fare una famiglia una scelta seria. Non è un gioco, non è un diritto, non è una garanzia. I genitori devono avere spirito di servizio ed educare i figli ad affrontare la vita. Difficoltà, frustrazioni e malattie comprese. Non onorare il ruolo formativo genitoriale, vuol dire crescere individui intrisi di rabbia e infelicità. Vulnerabili. Vittimisti. Intolleranti. Incapaci. Sia di costruire una famiglia, sia di gestire una separazione. Fino alla strage. L’impulso ad ammazzare i propri “cari”, nasce da disturbi dell’affettività. I papà e le mamme che uccidono i loro figli, per vendetta o per frustrazione, non sempre sono folli. Sempre, però, sono figli di qualcuno che se ne è disinteressato o li ha cresciuti abituandoli alla visione egocentrica e malata del mondo. Dobbiamo capire perché ci sono tanti genitori disturbati; perché nessuno è in grado di fermarli prima; da quali famiglie provengono; dove alligna il seme della violenza; quali sono gli strumenti che la società ha a disposizione per informare le famiglie ed educarle a educare. Chi vuole formare una famiglia deve sapere che ambisce a una prestigiosa responsabilità. Dunque, deve prepararsi; saper scegliere; modificare le proprie personali aspettative; rispettare il proprio ruolo e i diritti degli altri; faticare e soffrire. Solo così potrà interrompersi, un giorno, la catena generazionale della violenza. |